“Ago: oggi, ieri, sempre”; il ricordo della Roma per Di Bartolomei

Oggi lo storico capitano giallorosso, Agostino Di Bartolomei, avrebbe compiuto 70 anni e il club capitolino lo ha ricordato con un album fotografico pubblicato sul proprio sito e sui vari canali social.
Un capitano vero
«Un capitano vero, un leader silenzioso, schivo, simbolo di un calcio romantico fatto di cuore, polmoni e grinta. E di talento, perché “Ago” ne aveva da vendere.»
Lo ricorda così la Federazione Italiana Giuoco Calcio nel 2014, 20 anni dopo la sua tragica scomparsa.
Soprannominato “Ago” o “Diba”, Di Bartolomei diede il meglio di sé davanti alla difesa, dove Liedholm lo piazzò per sfruttarne intelligenza tattica, carisma e continuità. Non era rapido né esplosivo, ma leggeva il gioco con anticipo, come se pensasse un secondo prima degli altri.
Nel corso della carriera fu impiegato anche da libero, ruolo che interpretò alla grande grazie al suo senso del collettivo. Gianni Mura lo accostò a Scirea e Beckenbauer: stessi silenzi, stessa visione pulita e semplice del calcio.
Preciso nei lanci, forte nei tiri dalla distanza, Ago sapeva rendersi pericoloso anche da fermo: punizioni, rigori sotto la traversa, conclusioni pesanti dalla lunga. Una tecnica essenziale, ma efficace.
La sua Roma
Cominciò a dare calci al pallone nei cortili di Tor Marancia, quartiere popolare di Roma. Passò poi all’OMI, squadra satellite giallorossa, dove attirò l’attenzione anche del Milan. Ma a 13 anni disse no ai rossoneri: troppo presto per lasciare casa.
Poco dopo entrò nel vivaio della Roma, con cui vinse due titoli giovanili e debuttò in prima squadra nel 1973, a San Siro contro l’Inter, appena diciottenne. Il primo gol arrivò l’anno dopo, contro il Bologna. Dopo un prestito formativo al Vicenza, in Serie B, tornò nella Capitale pronto per prendersi la maglia da titolare e non lasciarla più.
Dal ‘76 al ‘84 fu il faro della Roma, capitano, regista e leader silenzioso. Nel 1977-78 firmò la sua miglior stagione sotto porta con 10 reti, mentre nell’anno dello scudetto ’82/’83 segnò 7 volte e fu arretrato da Liedholm nel ruolo di libero, accanto a Vierchowod. Una mossa che si rivelò vincente.
In totale ha giocato 308 partite con la Roma, di cui 146 da capitano, segnando 66 gol e vincendo uno scudetto, tre Coppe Italia e raggiungendo una storica e dolorosa finale di Coppa dei Campioni nel 1984, persa ai rigori contro il Liverpool all’Olimpico.
Con la maglia della Roma fu espulso una sola volta, contro la Juve, in una gara in cui segnò anche il gol decisivo. Nell’estate 1984, con l’arrivo di Eriksson, fu messo alla porta. Chiuse con la vittoria in Coppa Italia contro il Verona, accompagnato da uno striscione che diceva tutto: «Ti hanno tolto la Roma ma non la tua curva».
La tragica scomparsa
La mattina del 30 maggio 1994, dieci anni esatti dopo la notte più amara della sua carriera (quella finale di Coppa dei Campioni persa all’Olimpico contro il Liverpool) Agostino Di Bartolomei si tolse la vita.
Era a San Marco di Castellabate, nel Cilento, dove si era trasferito dopo il ritiro. Si sparò al petto con una pistola Smith & Wesson calibro 38, nel giardino di casa. Aveva 39 anni.
Accanto al corpo, un biglietto: “Mi sento chiuso in un buco.” Poche parole, pesanti come macigni. Un grido silenzioso, coerente con il suo stile: mai sopra le righe, mai spettacolare, ma sempre tremendamente vero.
Dopo aver lasciato il calcio giocato, Ago aveva provato a restare nel mondo che amava. Aveva in mente un progetto: costruire una cittadella dello sport, uno spazio per i giovani. Ma si scontrò con la burocrazia, con le porte chiuse, con i “no” di un sistema che troppo in fretta si era dimenticato di lui. Anche la banca gli negò un prestito.
Quel senso di esclusione, di isolamento, lo ha trascinato giù. La Roma, il calcio, il suo posto nel mondo: tutto sembrava sparito.
I funerali si tennero a Castellabate, dove oggi riposa. In sua memoria, una strada porta il suo nome, così come uno dei campi del centro sportivo di Trigoria. Un omaggio doveroso, ma tardivo.
Il figlio Luca, anni dopo, racconterà quanto sia stato difficile affrontare quel dolore. Ma anche di come, col tempo, sia riuscito a ricomporre quel legame, tornando a chiamarlo “papà” e non solo “Agostino”.
Di Bartolomei se n’è andato nel silenzio, com’era vissuto. Ma la sua voce continua a farsi sentire, ogni volta che si parla di calcio con rispetto, con dignità, con amore. Perché certi capitani non muoiono mai davvero.
In seguito il link per l’album fotografico dedicato dalla Roma: