Dopo la vittoria di ieri sera contro la Lazio, il Bodø/Glimt si conferma come una delle realtà più affascinanti del calcio europeo. Ma chi sono davvero questi “gialli del Nord”? Da dove vengono, come giocano, chi c’è dietro questa rivoluzione silenziosa? Andiamo a scoprirlo.
Dalla tundra norvegese ai quarti di Europa League: come una piccola squadra ha cambiato le regole del gioco
Nel calcio moderno, dove i soldi sembrano dettare ogni mossa e dove le favole hanno vita breve, c’è una squadra che ha scelto di andare nella direzione opposta. Il Bodø/Glimt non viene da una grande capitale europea, né ha alle spalle proprietà miliardarie o una storia carica di trofei. Viene da Bodø, una cittadina norvegese di 50.000 abitanti, sferzata dal vento artico e illuminata dal sole solo per poche ore nei lunghi inverni. Eppure, da lì, dal Nord estremo dell’Europa, è partita una delle rivoluzioni calcistiche più affascinanti degli ultimi anni. Una rivoluzione silenziosa, ma radicale.
Un’ascesa inaspettata ma non casuale: l’origine del progetto Glimt
Tornato stabilmente nella massima serie norvegese nel 2018, dopo l’ennesima promozione dalla OBOS-ligaen (la Serie B locale), il Bodø/Glimt non sembrava destinato a riscrivere le gerarchie del calcio scandinavo. Al massimo, si pensava a una salvezza tranquilla, magari qualche buon risultato interno. Ma dietro la facciata di un piccolo club del Nord, c’era già in atto un lavoro profondo e metodico, cominciato anni prima a livello dirigenziale e giovanile.
La società, infatti, aveva scelto di investire su un’idea: creare un’identità riconoscibile, fondata su un calcio proattivo, veloce, tecnico e moderno. Una proposta coraggiosa, per un contesto (quello norvegese) spesso abituato a pragmatismo, gioco diretto e fisicità. Invece, il Glimt ha scommesso sulla costruzione, sulla qualità, sulla preparazione mentale. E ha avuto ragione. Il secondo posto del 2019 ha sorpreso tutti. Il titolo nazionale del 2020 ha confermato che il percorso era solido. Quello del 2021, che non era stato un caso.
Kjetil Knutsen: l’uomo giusto al posto giusto
La figura centrale in questa trasformazione è senza dubbio quella di Kjetil Knutsen, tecnico classe 1968, proveniente da una formazione quasi scolastica, cresciuto nei settori giovanili e arrivato alla prima squadra senza clamore. Nessun passato da grande calciatore, nessun master in una top academy europea. Eppure, in pochi anni, Knutsen è diventato uno dei tecnici più stimati del panorama continentale, corteggiato da club importanti ma sempre rimasto fedele al suo progetto.
Il suo calcio si basa su principi chiari: pressing alto, costruzione dal basso, ampiezza costante e occupazione razionale degli spazi. Ma soprattutto, una preparazione ossessiva al dettaglio, in cui ogni movimento è studiato e ripetuto, fino a diventare automatismo. La squadra gioca a memoria, ma non per rigidità: piuttosto per consapevolezza collettiva. Ogni giocatore sa esattamente dove sarà il compagno, e cosa fare in ogni situazione. È un calcio “di sistema”, ma al tempo stesso liberatorio.
Knutsen non urla mai. Il suo stile è sobrio, misurato, quasi didattico. E ha saputo costruire attorno a sé uno staff altrettanto preparato e coeso, dove convivono ex calciatori, specialisti del sonno, analisti, preparatori atletici con background in altri sport e persino un ex pilota di jet militari, oggi mental coach della prima squadra. Il messaggio è chiaro: tutto ciò che può migliorare le performance del gruppo, anche in maniera non convenzionale, è ben accetto.

Aspmyra Stadion: il fortino artico
Lo stadio del Bodø/Glimt è lo specchio perfetto della sua identità: piccolo, essenziale, ma infernale per chi arriva da fuori. L’Aspmyra Stadion ha una capienza contenuta (poco più di 8.000 spettatori) ma l’effetto sul campo è amplificato dalla vicinanza delle tribune, dal sintetico (veloce, duro, difficile da gestire per chi non ci è abituato), e soprattutto dalle condizioni climatiche. Durante gran parte dell’anno, il freddo è pungente, il vento è tagliente, la luce è scarsa. Eppure, il Glimt si esprime al meglio proprio lì.
Per molte squadre europee abituate ai riflettori e ai campi in erba inglesi, arrivare a Bodø è un’esperienza aliena. Lì sono cadute formazioni ben più quotate: la Roma di Mourinho con un clamoroso 6-1, il Celtic Glasgow con due sconfitte nette, e ieri sera anche la Lazio di Baroni, travolta all’andata dei quarti di Europa League. Lo stadio, in pratica, è un’arma tattica. Ma non basta spiegarlo con il sintetico: serve preparazione mentale. E lì il Glimt ha pochi rivali.

Rosa e filosofia: giovani, sistema, sostenibilità
Un altro aspetto distintivo del Bodø/Glimt è la gestione della rosa. Si punta a costruire un gruppo armonico, in cui ogni giocatore sia funzionale a un’idea precisa. I talenti vengono spesso cresciuti in casa o pescati da contesti compatibili: Norvegia, Svezia, Danimarca. L’età media è bassa, la fame è tanta. Ma non manca mai la disciplina tattica.
Negli ultimi anni, sono emersi nomi come Jens Petter Hauge, Hugo Vetlesen, Ola Solbakken, Albert Grønbæk, Patrick Berg e Ulrik Saltnes, autore della doppietta contro la Lazio e autentico emblema del club: grinta, continuità, spirito di appartenenza. Il mercato in uscita è un’altra forza del Glimt: vendere bene, reinvestire con intelligenza, mai scomporsi.
Il centrocampo è il cuore pulsante: dinamico, verticale, sempre in movimento. In attacco alternano punte rapide a falsi nove, con ali che convergono. La difesa è alta, aggressiva, e il portiere è sempre coinvolto nella costruzione. Ogni dettaglio è studiato. Ogni nuovo innesto viene “rieducato” secondo la filosofia Glimt.

In Europa da protagonista
Il vero salto di qualità del Bodø/Glimt arriva nelle coppe europee. E non è un salto di circostanza: è un salto di livello. Nel 2021 il mondo si accorge dei gialloneri con la storica vittoria per 6-1 contro la Roma in Conference League. Ma non è un exploit isolato: nel ritorno a Roma, pareggiano 2-2 e dominano tatticamente. Mourinho parla di “umiliazione professionale”.
Qualche mese dopo sempre in Conference eliminano il Celtic con un netto 5-1 complessivo. Nel 2023 tengono testa al Dinamo Zagabria nei preliminari di Champions. Nel 2024 sfiorano la fase a gironi contro lo Stella Rossa. E nel 2025? Quarti di finale di Europa League. Battuta la Lazio 2-0 all’andata, con una doppietta del prima citato Ulrik Saltnes.
Quello che colpisce non è solo il risultato, ma l’atteggiamento: il Glimt va in campo per giocarsela, ovunque. A Roma come a Glasgow. Con lucidità, senza paura, con le sue armi. È questo che ha impressionato tifosi, tecnici e osservatori. Non il singolo exploit, ma la continuità.
Oggi e domani: un progetto in evoluzione
Oggi il Glimt è tra i club più strutturati di Scandinavia. Sta lavorando alla costruzione di un nuovo stadio, più moderno e capiente, senza però abbandonare la dimensione “comunitaria” che lo contraddistingue. A livello tecnico, il progetto di Knutsen è ancora in pieno sviluppo: nuovi giovani come August Mikkelsen stanno emergendo, e la squadra continua a migliorare nei dati fisici, tattici e statistici (2 vittorie su 2 e 0 reti subite in campionato).
Ma forse il vero successo è culturale: il Bodø/Glimt è diventato un riferimento anche per club di paesi più ricchi, che guardano con interesse a questo modello fatto di lavoro, identità e cura maniacale del dettaglio. Un modello esportabile, sostenibile, e (fatto raro) vincente.
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